giovedì 31 ottobre 2013

Perché la Trash è la musica dei morti

Sono consapevole degli insulti che mi beccherò con questo post scritto d'istinto, ma non posso più sopportare in silenzio. 
 E`arrivata la notte di Halloween e a Bologna, ma forse in tutta Italia, significa solo una cosa: serate trash ovunque.
Penso che l'egemonia della trash nello svago serale mainstream sia ormai chiara a tutti. Quello che a me non è chiaro è il perché la cosa non dia fastidio a nessuno. Anzi, il trash party viene spesso considerato l'evento a cui tutti possono partecipare almeno una volta, perché un pò "per tutti i gusti" ti dicono, perché "dai ci si diverte" senza prendersi sul serio, perché si abborda facile, perché nessuno ti giudica e puoi concederti i look più imbarazzanti, perché non si richiede competenza musicale né tantomeno di saper ballare, basta solo essere ubriachi e avere tanti bei ricordi.
E sì lo so che c'è trash e trash, ma è proprio questo grande calderone che mi spaventa.
Dovete sapere che ogni volta che qualcuno nomina le serate trash, da qualche parte c'è una Claire che muore dentro. Nel senso che questo tipo di serata, ritenuta così gioiosa e spensierata, a me fa davvero pensare alla morte. Mi intristisce, mi deprime e mi nausea. Oltre a farmi sentire sola nell'universo, perché tutti gli altri esseri umani vicino a me sembrano apprezzarla. Perciò dopo anni di disagio, mi sono detta che le opzioni sono due: o io provengo da una razza aliena oppure nel DNA trash c'è qualcosa che non va... e il suo riprodursi esponenziale significa qualcosa. Posso provare a codificarlo senza che mi impalate? Quello che vedo al mio microscopio è un desiderio di passato, un bisogno di regressione, uno sfogo dell'inconscio, un istinto a mitizzare, un rito scaramantico, una tendenza conservatrice, un desiderio di evasione, un'illusione collettiva....

Conoscete l'etimologia della parola NOSTALGIA? Viene dal greco: "dolore del ritorno". La nostalgia descrive uno stato psicologico di dolore o rimpianto per un passato che si vorrebbe rivivere. Niente da ridere, dunque, nei vostri nostalgici revival!
State pensando che se me la vivo male è perché non ho un rapporto del tutto risolto con la mia infanzia o la mia adolescenza? Ve lo concedo! Ma non mi sembra questo il punto. Il punto è che la trash ci fa tornare tutti indietro, invece di andare avanti. E più serate trash ci sono, meno restano le alternative.

Dov'è finita la musica sperimentale? E la musica militante? La musica del futuro dov'è?

Perché il sabato sera dovrei ascoltare musica che mi parla di ieri e mai musica che mi parla di domani? Cos'è, il lunedì fa troppa paura? Allora troviamo il coraggio di affrontarlo, partendo dalla musica. Basta nostalgia e fanculo gli anni '80.
Me la pianto per oggi. Dopotutto per festeggiare i morti la trash è l'ideale. Ma la prossima volta che decidete di boicottare una serata trash, sapete chi chiamare.
Peace&Hardcore
Claire
[Grazie Sean, evidentemente tra un bicchiere e l'altro non è solo l'inglese che mi hai insegnato ;-) Non vedo l'ora di affrontare un altro topic! ]

domenica 27 ottobre 2013

New type, new life

Ecco il regalo di un caro amico
Pura gioia.


Mi fa pensare al caffè, al cioccolato e alla terra. 
Niente di più azzeccato! 


lunedì 21 ottobre 2013

Psichedelia underground

La Rubrica psichedelica di Patate&Cipolle, numero #2.

Sottofondo consigliato: Heavenly Father 

Voi come affrontate il vostro cammino personale? Io con un bicchiere in mano, senz'altro. Ho provato anche con uno psicologo, che poi ho mollato per una psicologa. Ma soprattutto, ogni sera che sono bendisposta, trovo un maestro a caso da cui imparare qualcosa. Magari non ho ancora risolto il problema dell'attaccamento, non mi sono certo elevata ad un altro grado di consapevolezza, né ho capito se voglio essere un ascetico cipresso o snodarmi tra le tentazioni della vita come un fico... ma intanto ho quasi imparato come si coltivano i funghi. Qualcuno potrebbe obiettare che i funghi non si coltivano, che vanno raccolti nel bosco e consumati solo freschi, ma se uno abita a Bologna anziché nella Sierra Madre avrà pur diritto a fare i suoi viaggi. No? Perciò, nel caso sceglieste i funghi come mezzo di trasporto, vi riporto informazioni di prima mano per cominciarne la coltivazione: 

FASE 1 - LA RACCOLTA DELLE SPORE

1-Prendete un vasetto di vetro da 200-300 ml munito di tappo (un barattolo Quattro Stagioni per intenderci!)
 2-Ovviamente, preparare e sterilizzare il vaso prima di usarlo. Così: dopo aver forato il coperchio del vaso e spalmato del silicone all'interno del foro, mettetelo in una pentola a pressione, con l'acqua che gli arriva a metà, e coperto da uno straccio.
3-Procuratevi un simpatico fungo non troppo vecchio, cioè con la cappella ancora piatta, prima che cominci ad invertirsi (sacro Graal in slang).

4-Utilizzando delle forbici sterilizzate, tagliate vicino alla cappella togliendo il gambo. 
5-Raccogliete la cappella con uno stuzzicadenti sterilizzato (di quelli imbustati singolarmente) e disponetela nel vaso assicurandovi che cada nel verso giusto. 

6- Chiudete il buco all'esterno con del nastro isolante e lasciatela lì per 48 ore. Noterete allora che sul fondo si è formata la vostra magica impronta sporale. A quel punto rimuovete la cappella.
7- Aggiungete acqua demineralizzata (100-200 ml). Ogni tanto scuotete un pò il vaso con acqua e spore, evitando che il liquido tocchi il tappo. 
8-Togliete lo scotch e infilate la siringa per raccogliere le spore. NB: utilizzate un ago 18 g (ripeto 18g, se no potete starci anche una vita che tanto le spore non ci entrano). 
9- Aspirate l'acqua con le spore, tamponate con cotone imbevuto d'alcool all'esterno del foro e richiudete col nastro isolante. 
10-Ora le spore andrebbero messe nel substrato ma qui, cari lettori, si apre un altro mondo. Se davvero siete interessati in rete trovate milioni di manuali, da quello di McKenna ai più recenti, che spesso parlano di funghi da supermercato ma non intendono davvero i funghi da supermercato, ok?


Non fraintendetemi. Questa è solo una delle tante strade per coltivare autonomamente le proprie passioni, fuori dal narcotraffico criminale o legalizzato. Ma il cammino è vostro e quindi dovete proseguire da soli!

L'importante è ricordarsi ogni giorno di coltivare sé stessi con altrettanta cura, anche se costa fatica. Quindi forza, alimentate la vostra visione... e chissà che il mondo non diventi sempre più a sua immagine.





martedì 8 ottobre 2013

La Tour Paris 13

\\\ ATTENZIONE!
Quello che non vi hanno ancora detto su La Tour Paris 13 è che sarebbe davvero il caso di arrivare prima dell'orario d'apertura (suggerisco per le 10.30-11) senza dimenticare di portare viveri e acqua, perché probabilmente nel week-end resterete in coda fino a pranzo. Motivo per cui vi conviene andarci in compagnia (così avrete qualcuno con cui sfogarvi o darvi il cambio per andare in bagno). Ve lo raccomanda una che non ha fatto niente di tutto ciò e per questo è rimasta più di 4 ore in piedi senza bere e senza pisciare (con la sola compagnia di Mos Def nelle cuffie). //

Come dice il nome, 
La Tour si trova a Paris 13...
Il 13esimo arrondissement fa pensare un pò a Berlino, perché è pieno di nuove costruzioni ed è un mix di generi e atmosfere, da chinatown agli squats, dai cafés sulla Senna ai grattacieli. Io ci andavo per il corso di teatro, per frugare tra le chinoiseries... ma soprattutto a bere vino negli squats o lungo la Butte-aux-cailles. A proposito, vi dice niente questa via? Dà il nome a una battaglia della Comune di Parigi, e infatti alla Commune è intitolata la piazza che vi si incontra. Un luogo di culto della rivoluzione! Va bè, l'ho fatta un pò lunga per farvi "annusare" che La Tour sorge nel posto giusto.
E adesso entriamo...
9 cazzo di piani!!! E ogni piano ha più stanze, dipinte da cima a fondo da artisti di tutto il mondo. La Tour è una vera esposizione "street": gratuita, senza guardiani all'interno che ti seguono come stalker o che si impolverano sulle loro seggioline. Niente laser, niente vetri di protezione, niente cordini, niente di niente: ti potevi spalmare sui muri se volevi.


Un incredibile inventario di stili, tecniche e codici figurativi fa di questo bâtiment un'enciclopedia della street art. Dallo spray ai gessetti, dall'incisione del legno alla lavorazione della carta, dall'illustrazione alla calligrafia, dagli stencil ai poster, dal writing alle installazioni. Affreschi, vetrate e studi della luce mi hanno fatto pensare che l'arte è eterna anche se cambia forma, o nome.

Il Piano  -così LeGrandJeu ha chiamato l'étage italien- l'ho trovato il più elegante. Nonostante le reazionarie politiche nostrane, la street art Made in Italy continua a fare la sua porca figura. Lo stesso vale per il writing, rappresentato da un maestro come Dado (che da bolognese adottiva non posso non sbandierare).

Morale della favola
Non si può più negare che la street art sia l'arte popolare del nostro tempo. Un'affluenza così vasta e variegata di pubblico parla da sola, o meglio dimostra che la street art è in grado di parlare a tutti. Certo, è la street ad essere così democratica, non il writing. E direi che è cosa buona e giusta! Il writing si vuole come un movimento autoriferito, con i suoi codici e le sue regole di iniziazione ed evoluzione. Nessuno vi aiuterà a riconoscere le lettere, potete starne certi! Non è un caso se i tag lasciati in giro non se li filava nessuno... invece guardate qua che Supe! ---->
  



Il mio weekend underground è proseguito tra l'11esimo e il 20esimo (se non li vedete entrambi, non avete visto Parigi). Ho fatto anche una puntata nella banlieue di Saint Denis per assistere a delle perfomances poco entusiasmanti (ma c'era il vino a un euro, mi hanno ricomprata così!). Purtroppo non ho foto di Saint Denis by night perché la faccia del mio amico diceva "ti prego fammi evitare problemi" e così ho lasciato la macchina in borsa. A proposito di inconvenienti dans la rue, la notte successiva io e le mie amiche l'abbiamo finita in un commissariato di polizia. Ma questa ve la racconto alla prossima puntata!

[Judit, questo post è dedicato a te. Grazie amica mia!]